martedì 6 febbraio 2018

La banalità del male, e delle risposte che siamo costretti a dare


A poche ore dalla tentata strage fascista è già in opera un tentativo di normalizzazione da parte dei mezzi di informazione e dei vari politicanti, il 4 marzo si avvicina ed il clima già nauseabondo di suo tocca livelli tragici. Il fascista viene chiamato folle e già si ammicca a possibili problemi psichiatrici, “ha sbagliato ma…” è il terribile incipit che trova sempre più spazio all’inizio di ogni commento su quanto accaduto, quando le stesse forze dell’ordine descrivono Traini al momento dell’arresto come “lucido e freddo”.
Parte della normalizzazione razzista è anche la strumentalizzazione del contesto in cui è avvenuto il tentativo di strage. Insieme alla cancellazione delle vittime, che non hanno trovato alcuno spazio nel racconto di quanto successo, viaggia infatti un’inaccettabile speculazione sul corpo e sulla fine tragica di Pamela. La destra di ogni ordine e grado così come lo sciacallo da social network sta accostando la morte di una ragazza ad un chiaro atto politico di matrice fascista, due cose che non c’entrano niente l’una con l’altra se non per il luogo in cui i due fatti si sono verificati. Anche se la differenza tra le due storie è abissale e chiara ci troviamo costretti a ripetere cose che, speriamo, ai più sembreranno banali.

Partiamo dal fatto che per quanto riguarda i terribili fatti che riguardano la giovane ragazza romana sono ancora in corso le indagini e, senza nulla togliere alla tragicità del fatto in se, va ancora ricostruito il quadro completo della vicenda. Detto questo, quanto accaduto, compreso il tremendo accanimento sul corpo, sono parte di quella violenza di genere che, purtroppo, riempie spesso le cronache locali e nazionali. Donne giovani e anziane, italiane e straniere, vengono seviziate, torturate e uccise in ogni angolo dello stivale senza distinzione di colore della pelle sia per quanto riguarda le vittime che per quanto riguarda i carnefici. Anzi molto spesso queste violenze avvengono in famiglia e in ambienti considerati normalmente al riparo da episodi di cronaca del genere. Solitamente anzi le donne sono “i negri” nel racconto di questi atti efferati, anche nel caso di Macerata abbiamo paura che se non fosse stato implicato un giovane nigeriano parte della stampa avrebbe liquidato la faccenda con “ problemi di droga” o peggio con “se l’è andata a cercare”. Questa non è una nostra ricostruzione fantasiosa, chiunque abbia letto in questi anni giornali o gruppi social sa benissimo che stiamo parlando della realtà. Come sa benissimo di fare provocazioni razziste anche chi parla della manifestazione di sabato prossimo, o della reazione al terrorismo fascista, chiedendo “perché non si è manifestato per la ragazza…”. Vogliamo ricordare che sabato pomeriggio scorso era prevista in città una manifestazione della comunità nigeriana di Macerata proprio in solidarietà ai famigliari della ragazza uccisa che è stata annullata a seguito della violenza fascista. Potremmo fermarci qui ma vogliamo concludere dicendo che tra le realtà che sabato saranno in piazza molte sono le stesse che da anni si battono contro la violenza e la discriminazione verso le donne, nel caso di Pamela come di molte altre.